"Chi va al mulino s'infarina"
(proverbio toscano)
Il mulino di Monteroni è il simbolo, grandioso e centrale, dell'importanza del fiume nell'economia e nella storia del paese e del suo territorio. Fin dal XIV secolo, esso dà forma alla vita sociale del luogo per volontà dello Spedale senese di Santa Maria della Scala. Al mulino, che ha rappresentato lo snodo fondamentale per l'approvvigionamento di grano e farina per l'intera zona, si deve, dunque, il forte interesse delle istituzioni senesi: in epoca medievale e moderna, almeno finché l'ospedale senese resta il proprietario delle strutture ricettive e molitorie della zona - cioè fino al 1786, per quanto riguarda i mulini di Monteroni e Isola d'Arbia -, è tutto un affacendarsi del potere politico per garantire l'attività molitoria, ora con la soppressione di mulini privati, ora con la costruzione di steccati, la regimazione e la deviazione dei corsi d'acqua, ora con la fortificazione dei mulini, ora con la collocazione di guarnigioni militari. L'attività molitoria, diffusa ampiamente nel territorio, che ne reca visibili tracce, ha comportato necessariamente l'accurato e costante controllo delle acque del fiume, un tempo assai più imprevedibili di oggi. Merita ricordare che il mulino di Monteroni era uno dei più grandi e "voraci": lavorava "a quattro palmenti", cioè con quattro strutture molitorie: negli anni di più intensa attività, quelli che precedono la grande peste del 1348, il grano portato al mulino superava le otto tonnellate. Oggi, la sua mole è davvero il simbolo dei molinelli scomparsi, le cui vestigia potremmo scoprire nelle nostre escursioni. Ma tra i mulini storici è doveroso ricordare, oltre a quello di Isola d'Arbia, anche quello di Sant'Angelo a Tressa, l'attuale Ponte a Tressa. Al mulino, infine, era naturalmente associata anche l'attività "fullonica" del lavandaio e del tintore e, in particolare, l'attività delle gualchiere, antiche e speciali macchine idrauliche, con cui le stoffe venivano fatte "infeltrire".